di Arduino Donaggio e Alessandro Campo
Quanto vale davvero un’azienda che cresce del 20% all’anno ma ancora sprovvista di un Consiglio di Amministrazione? E quanto vale la stessa azienda con una governance strutturata e una solidità finanziaria con una pianificazione efficiente? La differenza può essere sostanziale. Diversi studi accademici evidenziano come la presenza di meccanismi di governance strutturati abbia un impatto significativo sulla valutazione aziendale. Una ricerca pubblicata su Future Business Journal (2024) ha analizzato 66 società dell’S&P 500 nel settore IT nell’arco di vent’anni, confermando una correlazione positiva significativa tra qualità della governance e performance aziendali. Altri studi sul tema dei control premium indicano gap valutativi che possono variare dal 20% al 40% tra aziende con governance strutturata e quelle senza. Non si tratta di percezioni, ma di elementi che incidono concretamente sul costo del capitale e sui multipli applicati dagli investitori.
Il paradosso della crescita senza struttura
Molti imprenditori hanno costruito aziende solide, con prodotti eccellenti e clienti fidelizzati. Arrivano a un punto della loro storia aziendale con un’esigenza precisa: crescere investendo, attraverso l’internazionalizzazione, con un piano di acquisizioni aziendali o acquisendo nuovi assets (stabilimenti, impianti, macchinari), spesso con l’ingresso strategico di un partner finanziario. Ed è proprio in quel momento che emerge il paradosso: l’azienda che cresce bene sul mercato spesso non ha gli strumenti per comunicare questa crescita a chi dovrebbe finanziarla. Mancano report periodici, indicatori chiari, una struttura decisionale definita. In una parola: governance aziendale.
Governance: non solo per grandi gruppi
La governance non è burocrazia. È il linguaggio che permette alla tua azienda di dialogare con il mondo della finanza. E senza questo linguaggio, anche le migliori opportunità di crescita rischiano di restare sulla carta. C’è un equivoco diffuso nelle PMI italiane: la governance è roba da multinazionali. Consigli di amministrazione, comitati, reporting trimestrale, tutto questo sembra eccessivo per un’azienda che fattura da qualche milione a qualche decina di milioni di euro.
Eppure, la realtà è diversa. Una governance efficace non significa replicare modelli corporate complessi. Significa invece:
Questi elementi non rallentano l’impresa. Al contrario, la rendono più agile perché tutti sanno dove si sta andando e con quali mezzi.
La solidità finanziaria come scelta strategica
Parliamo ora di numeri, ma in modo diverso dal solito. Finanza sostenibile non significa solo avere un buon EBITDA o una posizione finanziaria netta positiva, ma costruire una struttura di pianificazione e controllo che possa sostenere la crescita senza crisi di liquidità improvvise. Abbiamo visto aziende brillanti entrare in difficoltà non per mancanza di commesse, ma per una gestione del capitale circolante inadeguata. Vincono una gara importante o acquisiscono una grande commessa, anticipano materiali e personale per poi trovarsi con i fornitori da pagare prima che il cliente saldi la fattura. Il classico “morire di successo”.
La solidità finanziaria si costruisce su tre pilastri:
Corporate finance: il ponte tra ambizioni e capitali
Qui entriamo nel territorio del corporate finance. Chi opera professionalmente in questo ambito conosce le dinamiche del mercato dei capitali: quali investitori guardano a quali settori, quali multipli vengono applicati, quali garanzie sono negoziabili e quali no. E soprattutto, come presentare un’azienda piccola e media per massimizzarne il valore percepito. Un esempio concreto: due PMI manifatturiere simili, stesso fatturato, stesso settore. Una si presenta a un fondo di private equity con un business plan fatto in casa, l’altra con un’analisi strutturata che evidenzia governance e proiezioni finanziarie solide. La prima ottiene una valutazione di 4x EBITDA. La seconda di 5,5x EBITDA. Stessa sostanza operativa, ma presentazione e struttura diverse. Sul tavolo restano centinaia di migliaia di euro.
Investimenti: scegliere dove mettere le risorse
Parliamo infine di investimenti, ma dal punto di vista dell’imprenditore. Quando una PMI genera cassa, o riesce a reperire capitale fresco, si apre la domanda cruciale: dove investire? Le opzioni sono tante: nuove macchine, espansione commerciale, acquisizioni, R&D, digitalizzazione. Ogni scelta ha un ritorno atteso e un rischio associato. Ma quante PMI fanno davvero i conti su questi ritorni?
Spesso la decisione è guidata da intuito o urgenza. “Il mercato chiede questo prodotto, quindi investiamo lì”. L’intuito imprenditoriale va seguito e valorizzato, ci mancherebbe, ma spesso andrebbe affiancato a un’analisi quantitativa permette di evitare errori costosi.
Un buon processo di selezione degli investimenti include:
La crescita sostenibile non è un ossimoro
Torniamo al punto di partenza. Crescita e sostenibilità non sono in contraddizione. Ma per coniugarle serve un approccio strutturato che unisca ambizione imprenditoriale e disciplina finanziaria. Le PMI italiane hanno talento, capacità tecniche, competenze di mercato straordinarie. Spesso manca solo il “sistema operativo” per far dialogare queste qualità con il mondo degli investitori e della finanza strutturata. Governance solida e solidità finanziaria non sono costi. Sono abilitatori di crescita. E la nostra esperienza ci dice che sono anche il modo migliore per dormire sonni tranquilli quando l’economia si fa incerta.